Thursday, April 28, 2016

Elena Ferrante, "L’amica geniale"

– e-book


Letto dal 9 al 25 aprile 2016

Il mio voto:



Dopo aver letto la mia recensione de Il buio oltre la siepe (recensione in inglese che si trova qui  per chi può interessare), una cara amica mia virtuale su Goodreads mi ha chiesto come mai gli avevo dato solo tre stelle. La mia risposta è stata che di solito do tre stelle ai libri che sembrano rivolgersi più al mio cuore e meno alla mia mente.

Ebbene, ho avuto la stessa impressione mentre stavo leggendo L’amica geniale di Elena Ferrante: cioè di aver sotto gli occhi un libro commovente, coinvolgente, gradevole – insomma che si merita tutto l’elenco di epiteti attribuite di solito ai buoni libri – eppure mirabile,  durabile, sempiterno, come lo è la grande letteratura… proprio non lo so.

Il romanzo comincia con una prolessi che annuncia il cambiamento dei tempi narrativi: dopo una conversazione con il figlio della sua amica di cui ha appreso la sparizione di quest’ultima, l’io narrante dichiara maliziosamente che comincia a scrivere questi ricordi per punirla di aver voluto “non solo sparire lei, adesso, a sessantasei anni, ma anche cancellare tutta la vita che si era lasciata alle spalle.” Infatti, in un’intervista pubblicata nel Corriere della sera  l’autrice confessa che voleva da molto tempo scrivere una storia sull’impossibilità di sparire senza traccia, visto che c’è sempre un parente oppure un amico da fare “da testimone inflessibile di ogni piccolo o grande evento della vita” dell’altro.

Così comincia la storia di Elena Greco (la narratrice) e Raffaella Cerullo (la sua amica) o Lenù e Lila, in questo primo volume con la loro infanzia e poi adolescenza. Un’amicizia tumultuosa, dove si mescolano generosità e pettegolezzi, rivalità e complementarità, invidia e ammirazione e soprattutto un’impossibilità di vivere l’una senza l’altra, come è ovvio in questo brano dove Lenù, malgrado l’aver fatta, cioè aver continuato gli studi che Lila non ha potuto proseguire per mancanza di soldi, ha un complesso d’inferiorità davanti alla creatività e abilità della sua amica, che lavorava con entusiasmo a un modello di scarpe concepito da lei stessa:

Dovetti ammettere presto che ciò che facevo io, da sola, non riusciva a farmi battere il cuore, solo ciò che Lila sfiorava diventava importante. Ma se lei si allontanava, se la sua voce si allontanava dalle cose, le cose si macchiavano, si impolveravano. La scuola media, il latino, i professori, i libri, la lingua dei libri mi sembrarono definitivamente meno suggestivi della finitura di una scarpa, e questo mi depresse.

Effettivamente, non è mica male questa trovata narrativa che fa dalle scarpe un simbolo del destino di Lila, un leitmotiv che sottolinea la differenza fra sogno e realtà, fra talento e mediocrità, finalmente fra rione e mondo. Lila, rassegnata all’idea di non andare più alla scuola, vede nel calzolaio di suo padre una possibilità di sfuggire alla povertà e, insieme a suo fratello (ma senza l’accordo del padre), comincia a fare un paio di scarpe di lusso, in cui entrambi mettono i loro sogni di ricchezza e celebrità. Purtroppo, queste scarpe fatte e disfatte tantissime volte per raggiungere la perfezione non acquisiscono mai le valenze magiche di quelle di Dorothy, invece seguono la stessa sorte di Lila: prima disprezzate da un padre che ha paura di rinunciare alla sua condizione di semplice “scarparo” per un capriccio, un sogno a suo avviso irrealizzabile, poi odiate da un fratello che ci aveva messo troppe speranze, poi agognate da due giovani che pensano conquistare l’amore di Lila attraverso la loro acquisizione e finalmente regalate, l’ultimo tradimento, dall’uomo che Lila amava proprio nel giorno del loro matrimonio all’uomo che lei disprezzava di più.

In uno stile molto scorrevole (e questa scorrevolezza è stata notata e lodata anche dai critici più acerbi del libro) si fa la ricostituzione di un mondo pittoresco nella sua oscurità, il “rione”, una zona incerta ai confini di Napoli, una trappola della povertà e violenza, un buco nero che ingoia indiscriminatamente drammi e farce, stronzerie e genialità, bruttezza e bellezza. Qui si da in spettacolo la vedova Melina, litigando violentemente con la moglie del suo vicino di casa di cui si è innamorata sperdutamente. Qui è ucciso don Achille, una figura da far spavento ai piccoli e ai grandi ugualmente. Qui vive la maestra Olivieri che riesce a convincere i genitori di Lenù (ma non quelli di Lila, sfortunatamente) di lasciarla continuare a studiare. Qui si spara e si minaccia con la pistola e i padri si arrabbiano e buttano via, letteralmente, i loro bambini:

Avevamo dieci anni, a momenti ne avremmo fatti undici. Io stavo diventando sempre più piena, Lila restava piccola di statura, magrissima, era leggera e delicata. All’improvviso le grida cessarono e pochi attimi dopo la mia amica volò dalla finestra, passò sopra la mia testa e atterrò sull’asfalto alle mie spalle.

Infine, c’è una sorprendente forza evocatrice nelle descrizioni sia dei caratteri e dei paesaggi da  mettere in dubbio l’opinione di Jacopo Cirillo, posta all’inizio della sua recensione  un po’ cattiva J, quando dice che il romanzo “è una lettura perfetta per chi legge poco”. Effettivamente, i suoi ritratti, per esempio, sono sempre pieni di vita e colore, sia quando sono minuziosi, come questo di Lila da bambina precoce e selvaggia:

La sua prontezza mentale sapeva di sibilo, di guizzo, di morso letale. E non c’era niente nel suo aspetto che agisse da correttivo. Era arruffata, sporca, alle ginocchia e ai gomiti aveva sempre croste di ferite che non facevano mai in tempo a risanare. Gli occhi grandi e vivissimi sapevano diventare fessure dietro cui, prima di ogni risposta brillante, c’era uno sguardo che pareva non solo poco infantile, ma forse non umano. Ogni suo movimento comunicava che farle del male non serviva perché, comunque si fossero messe le cose, lei avrebbe trovato il modo di fartene di più.

…sia quando sono fulgoranti, rivelando un vero talento dell’autrice per lo sketch, come quest’immagine plastica da suggerire il passaggio di Lenù dall’infanzia all’adolescenza:

In quell’anno mi sembrò di dilatarmi come la pasta per le pizze. Diventai sempre più piena di petto, di cosce, di sedere.

In ogni caso, J. Cirillo sbaglia anche quando identifica l’io narrante con un narratore omnisciente (e non solo perché mettere insieme i due tipi di narratori  è una contradizione in termini, ma anche perché c’è un solo punto di vista e non affatto obiettivo), ma devo dargli ragione quando afferma che le due amiche sono abbastanza sgradevoli nella loro continua caccia alla lode che in fin dei conti rivela solo il fatto che nessuna è all’altezza della relazione definita dal titolo – la genialità: “È per questo che Elena mi sta antipatica. Non perché è l’amica perfettina di Lila la ribelle, non perché ha successo e si fa mille problemi continuamente su tutto, non perché a volte sembra tirarsela mentre altre pare una disgraziata che si autosabota. Ed è per questo che Lila mi sta antipatica. Non perché è l’amica intelligente che non si applica e che se si applica si applica male, non perché è strana e non si capisce bene mai quello che ha in testa, non perché è esageratamente eccentrica e problematica in tutto quello che fa.”

Malgrado tutto questo, il romanzo mi è piaciuto e continuerò a leggere i seguenti volumi benché si dica che sono meno riusciti del primo. Sia in italiano, se li trovo, voglio dire, perché per il momento non ho che il primo volume, regalato dalla mia amica Lavinia (insieme ai seguenti, ma in inglese), cui tengo ringraziarne con tutto il mio cuore, sia in inglese. Si vedrà.

5 comments:

  1. Ah, dar ce-ai cu inima ta, Stela? Nu poate avea și ea un cuvânt de spus? O consideri mai prejos decât mintea? :D
    De acord, totuși, cu faptul că această carte se adresează mai degrabă inimii decât minții, și probabil că da, e o carte pe gustul celor care citesc rar, dar asta nu înseamnă că e automat o lectură proastă pentru cei care citesc cărți mai serioase. Pe mine m-au fermecat scriitura, poveștile, personajele, lumea interioară și cea exterioară analizate și recreate minuțios.
    Ah, n-am înțeles însă prea bine dacă ți-au displăcut Lenu și Lila...

    Haha, am citit o parte din recenzia ta în italiană și altă parte cu ajutorul lui Google translate, care a transformat-o pe Lenu în Nuclear Energy Act - hilarious! :)))
    „...manages to convince the parents of the Nuclear Energy Act (but not those of Lila, unfortunately) to let her continue studying.”

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    1. Ha, ha mi-ai facut ziua de dimineata cu Nuclear Energy Act.
      Io l-am contrazis p-ala care a zis ca romanule e lectura facila (nu m-a tradus Google cum trebe, hi, hi), cartea mi-a placut, zau ca da, uiti mereu ca la mine trei stele nu sînt negative :(. Doar ca n-o consider o capodopera. Pe de alta parte, amicii mei italieni nu sînt deloc încîntati de celebritatea lui Ferrante, ba unul (una) mi-a zis ca avea impresia ca cititorii din strainatate au gusturi mai rafinate… m-am abtinut sa ma supar (hi, hi), ca am înteles ideea - cînd literatura ta numara atîtia monstri sacri îti permiti sa faci comparatii mai drastice. Pe de alta parte, un alt italian mi-a scris pe GR un comentariu kilometric în care spunea ca L'amica e a treia lui favorita, dupa Karenina si Crima si pedeapsa - deci, ca de obicei, totul e chestie de perceptie si de gust, ca nu poti suspecta pe cineva caruia i-a placut Tolstoi si Dostoievski, nici ca citeste rar nici ca n-are criterii estetice clare :D :D :D.

      Mersi Ema scumpo, de vizita si comentarii.

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    2. Mda, a mers mai greu cu italiana la recenzia asta (nu are rost să mă întreb de ce, răspunsul e evident: îmi lipsește vocabularul :D ), așa că a trebuit să apelez la traducere - a fost mult mai bine așa, măcar ne-am distrat. :D :D
      Așa e, trebuie să-mi reamintesc mereu că la tine trei stele sunt totuși de bine. Ar trebui să-ți pui un banner mare pe blog cu „Three-star books deserve to be read”. :)) Acum, că am aruncat un ochi la recenzia cărții lui Eco și am văzut tot trei stele, sunt mai împăcată cu nota asta. :))
      Ioi, chiar mă surprinde reacția amicilor italieni, dar poate că ceea ce spui tu e chiar explicația (oare au și eu un soi de snobism literar, ca românii?). Celălalt amic pare mai relaxat. :D

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    3. He, he, sa stii ca m-am gîndit la tine cînd i-am date trei stele Cimitirului… . À propos de stele, mai am o amica, tot italianca, care da frecvent doua stele cartilor care-i plac, cele de trei stele la ea sînt la mine de patru :). Cît despre snobismul lor literar - senz'altro ca-l au (na, ca sa te mai pun sa mai cauti ceva pe Google, încetul cu-ncetul te-nvat italiana!)

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