Wednesday, January 30, 2019

Fabio Bertino e Roberta Melchiorre, “Destinazione Russia”


 – kindle book




Letto dal 17 al 28 Gennaio 2019

Il mio rating:



Eccomi finire il primo libro in italiano di quest’anno, Destinazione Russia, che è, nello stesso tempo, il secondo libro che ho letto da Fabio Bertino e Roberta Melchiorre, scrittori di cui mi sono goduta, qualche anno fa, l’eccellente World zapping (la mia recensione qui ). 

Ebbene, la lettura dei nuovi racconti di viaggio è stata ugualmente incitante: luoghi stupendi, gente adorabile, un po’ di storia, un po’ di poesia, un po’ di nostalgia, in un tutto pronto a far desiderare al lettore di seguire i loro pasi a Mosca, a Pietroburgo e soprattutto in Siberia, nonostante il freddo spietato.

È vero che il viaggio non inizia sotto i migliori auspici: i narratori raccontano, con un miscuglio di umorismo e indignazione, come hanno acquistato i biglietti per Bielorussia on line, dalle ferrovie tedesche Deutsche Bahn, rimanendo così impressionati dalla efficienza loro che elogiavano l’agenzia a chiunque volesse ascoltarli. Però, come bene dice il proverbio, Albero grande fa più ombra che frutti, appena arrivati a Varsavia hanno scoperto che non potevano salire sul treno perché l’agenzia aveva omesso di fornirli anche il supplemento cuccetta che richiedevano i vagoni letto russi. Finalmente, con l’amabilità di un controllore polacco, son riusciti ad arrivare a una stazione dove hanno potuto comprare i supplementi e dove hanno visto un’altra coppia che aveva lo stesso problema, dopo che si sono giurati di non utilizzare mai più il sito Bahn (li ho cercati anch’io su Internet, esistono sempre, dunque beware 😊). 


Ma tutto è bene quel che finisce bene ed eccoli a Minsk, pronti per andare al teatro Bolshoi (dove il più costoso biglietto è solo 18 euro) a vedere “Il principe Igor di Alexander Porfiryevich Borodin, opera in due atti basata sull’anonimo poema del XIIo secolo Il canto della schiera di Igor, uno dei testi sacri della letteratura russa redatto in slavo antico”. E sono stupiti non solo dal prezzo dei biglietti ma anche dal grande numero di spettatori, e dal loro amore per la musica classica che conoscono benissimo. La descrizione della gente nella sala sorprende con finezza il contrasto tra vecchio e nuovo, tra tradizione e modernità, tra conformismo e nonconformismo: 

“Il pubblico rappresenta un po’ la metafora della società postsovietica, ancora in lento e incerto assestamento. Non mancano uomini dall’eleganza ostentata – e un po’ kitsch – o vamp biondissime con minigonna d’ordinanza, ma prevalgono nettamente le persone comuni: vecchiette con maglioni di lana grossa, signori in abiti un po’ démodé e molti giovani in jeans.”

Il tuono cambia, diventa serio e pieno di tristezza nel suo tentativo di spiegare l’inesplicabile inutilità di una catastrofe, con il racconto della visita in gruppo a Cernobyl, che inizia descrivendo le regole da seguire rigorosamente all’entrata in quel luogo postapocalittico: non toccare, non mangiare, non fumare, non allontanarsi. L’antitesi fra la bellezza dei piccoli villaggi ucraini e la consapevolezza che un dramma è nascosto tra i muri di ogni casa è sconcertante. Cernobyl, dove abitano ora, sfidando la morte ogni giorno, circa 600 persone, ha un’aria strana, vuota e silenziosa come una città di fantasmi. Un po’ più lontano si trova Prypiat, il vero centro dell’esplosione, una località così giovane (solo sedici anni) a quel momento, ora congelata nel tempo, come Pompei, oppure come in quel documentario che trasmetteva Discovery qualche tempo fa, dove era simulato il mondo dopo l’uomo, con la vegetazione coprendo lentamente ma sicuramente tutte le tracce di civiltà: 

“La sensazione – nettissima – è quella di un luogo che fino a un attimo prima era brulicante di vita e dal quale gli abitanti sono inspiegabilmente scomparsi da un momento all’altro , lasciando dietro di sé una città integra ma vuota.”

Ho insistito tanto sulle pagine di Cernobyl perché le descrizioni e le foto vengono a completare le immagini che mi hanno talmente commossa nel libro di Svetlana Alexievich, Preghiera perCernobyl
 
Tuttavia, il resto del viaggio è molto più allegro ma non  divulgo niente di più. Tocca a voi ormai di camminare, come l’ho fatto io, vicino ai nostri viaggiatori, sulla famosa strada di Pietroburgo, Prospettiva Nevski (e chi lo sa, calpestando forse i passi di Pushkin, di Dostoyevsky o di alcuno zar tenebroso), imparare a distinguere fra tre stili architetturali moscoviti: stalinka, khruschovka e luzhkovka (a voi di scoprire chi è  Yury Luzhkov, se non lo sapevate già), affrontare il freddo della tundra per rendersi a Seyda, dove una volta c’erano 2500 abitanti ma oggi sono rimasti solo 25 e un gatto, ammirare il monumento eretto sulla linea che rappresenta il Circolo polare e poi assistere alle competizioni tra Nenets a Salekhard, passare in Asia per ascoltare il canto degli sciamani e può darsi farsi predire il futuro, per finire a “Ulan - Ude, capoluogo della Repubblica di Buriazia , al chilometro 5640 da Mosca sulla linea Transiberiana”, dove si trova non solamente un’enorme testa di Lenin, ma anche la “perla della Siberia” Dalai Nor. 

Così, esauriti ma con l’anima e la mente più ricche, tornerete come me, al banale quotidiano promettendovi che, un giorno…

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